Articolo di Sandro Cappelletto
“La Stampa” di Martedì 15/12/09 “Cultura e spettacolo” intervista Jordi Savall
"Cerco di ricreare i ritmi dei mussulmani cacciati dalla Spagna"
LA MUSICA PERDUTA DEI MORISCOS
La musica antica non esiste. Sarebbe come dire che il teatro di Shakespeare è antico, che Amleto non parla la lingua di oggi. Quando la suoni, la musica vive e ti coinvolge in quel momento, se sei pronto ad ascoltarla” Jordi Savall si china, apre la custodia, tira fuori uno strumento che, a guardarlo per lungo, sembra una nave vichinga, di quelle che partivano dalla Norvegia per attraversare l’Oceano; “Incredibile somiglianza no? Questo è un Rebab, una specie di grande violino diffuso in tutto l’Oriente. L’ho comprato a Roma, da un liutaio che oggi non c’e’ più. Ha seicento anni, è vecchio due volte uno Stradivari, scolpito in un unico pezzo di legno. Ha viaggiato per migliaia di chilometri, è stato sulla gobba dei cammelli, nella stiva di chissà quante navi, in mille case diverse. E ha ancora una voce meravigli osa. “Pellegrinaggi dell’anima” è l’ultimo viaggio in forma di musica messo a punto dal musicista catalano e dal suo gruppo, Hespèrion XXI.
IDENTITA’ COMUNI
“Ci sono melodie che ritrovi dal Shara fino alla Provenza”
LA ROTTURA
“Si ebbe quando l’Occidente inventò la Polifonia”
Perché avete scelto questo nome?
“E’ un richiamo ad un’area culturale vastissima: “hesperio” in greco vuole dire originario delle penisole europee più occidentali, l’Italia e la Spagna, col Portogallo. Ma Espero era anche il nome di Venere, quando appariva la sera a Occidente. E XXI siamo noi, il nostro tempo”
Come definirebbe “Pellegrini dell’anima?”
“E’ un dialogo di musiche cristiane, sefardite, ottomane e arabo-andaluse nell’area mediterranea. I testi dei diversi canti, sono scritti in latino, in catalano, in spagnolo-sefardita, in arabo, in berbero, in greco: ci sono delle melodie come questa ninna nanna berbera, che ritrovi identiche dal Sahara ai Pirenei fino alla Provenza”.
Quando si è rotta questa unità musicale mediterranea?
“Quando l’Occidente ha inventato la polifonia, l’incrocio delle voci, il contrappunto, mentre Nord Africa e Medio-Oriente, hanno continuato con la monodia (una sola melodia), ed è successo perché noi europei siamo sempre spinti dal dubbio, ci interroghiamo, cerchiamo di progredire e il progresso mette sempre in discussione quello che si è raggiunto”.
E’ sbagliato?
“Per noi è inevitabile. Ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che quello che viene dopo sia meglio del prima. Si guardi intorno, a quanto succede nella società di oggi”.
I Suoni
“Sono ciò che rimane quando un popolo è costretto a fuggire”
Questa separazione ha avuto solo cause musicali, o anche politiche?
“Quattro secoli fa, nel 1609, i giudei hanno dovuto lasciare la Spagna: hanno avuto tre mesi di tempo. E i Moriscos, gli spagnoli di origine mussulmana, soltanto tre giorni. Via, spariti, e con loro gli strumenti, le canzoni, una cultura intera. Quando non ti resta più nulla, rimane comunque la musica, la tua voce che canta e ti da identità. Riscoprire questo materiale è un lavoro durissimo e affascinante”.
Materiale scritto?
“L’improvvisazione era fondamentale, anche in Europa e molto a lungo. Quando Federico di Prussica ha dato a Bach il tema iniziale dell’”Offerta musicale” lui ha improvvisato con una ricchezza che troviamo solo in parte nella partitura scritta”.
Quando suona questo repertorio, crede di restituirlo davvero com’era?
“E’ impossibile. Prima di tutto le nostre orecchie sono diverse, come le nostre voci. Suoniamo oggi per il pubblico di oggi. Riscoprendo un patrimonio perduto e ricordando l’idea, il potere dell’universalità della musica. Ma bisogna almeno sapere come si suonava: oggi invece ascolto musica barocca suonata come fosse Mahler, senza fraseggio, tutta eguale, tutta nervosa. Così la distruggiamo”.
Ora lei suona la lira, la viella, il rebab. Il suo strumento preferito è sempre la viola da gamba?
“E’ il più simile alla voce umana. Nella “Passione secondo Giovanni” Bach la usa per dare voce al grido di Cristo. Lì entra la viola da gamba, solo lì”
Il vostro successo è internazionale, ormai da trent’anni. Quali corde profonde crede di toccare?
“Una sola: quella dell’empatia. Se non da empatia, se non ti coinvolge, non ti commuove, la cultura è disumanizzata. Anche la musica”
Dove si fa di più per raggiungere questa empatia?
“In Francia. Lì c’e’ stato un ministro, Andrè Malraux, che ha posto la cultura al cuore del patrimonio e dell’identità della nazione, integrata con lei, e ha reso i politici e i cittadini consapevoli di questa importanza. Da voi non è così: da un lato dite di amare la vostra immensa tradizione, dall’altro sento un fastidio crescente per la stessa parola …cultura
Fine
Dite La Vostra Ma Prima… Lasciatemi Dire La Mia
Trovo assai interessante quanto viene detto in questa intervista. Per una popolazione, quando viene deportata o deve fuggire come profuga, non rimane più niente se non i loro canti e la loro musica, che potrebbe rappresentare l’anima di tale popolazione, la parte più vera di essa, il suo “io”. La musica e i canti di queste popolazioni sopravvivono, perché queste persone vi si aggrappano, quasi con la forza della disperazione; possono sopportare tutto, ma non perdere la loro identità che trova un suo riscontro in tali repertori musicali…. Se penso alle difficoltà che ho incontrato in certe scuole medie (salvo casi isolati) a Torino, quando facevo suonare ai ragazzi canzoni della tradizione torinese, è davvero incredibile. A Torino, pur se i suoi abitanti sono rimasti in tale città, c’e’ il rischio di vedere una cultura, tradizioni linguistiche, musicali e altro, sparire; sommerse da un mare di tante altre culture completamente diverse da quella… malgrado ciò, in particolar modo in una certa scuola, quando facevo suonare agli allievi canzoni di questo filone (soprattutto Piemontesina Bella), era davvero dura….A loro (ai miei colleghi) le melodie della tradizione piemontese che ascoltavano nelle aule attigue alla mia quando facevo lezione, non andavano, davano loro un grande fastidio... A livello generale comunque, la musica nella scuola media mi sembra, a parte casi isolati, sia stata quasi sempre osteggiata in modo incredibile...Il perché di tutto questo?....Davvero un bel mistero...
Questo grande artista ha perfettamente ragione quando dice che gli italiani sembrano legati alla loro cultura, soprattutto musicale, ma di fatto assolutamente non è così… non è certamente come in Francia e in tanti altri Paesi.
Prego… Dite Pure…
Giulio...