Dalla Stampa di Sabato 10 Settembre 2011, prendiamo questo articolo:
Ciò che rimane della campagna vale in Italia 10 miliardi l’anno
La Confederazione degli agricoltore: “Ma il degrado del territorio continua”
Il “Caso” di Luigi Grassia
“La dove c’era l’erba, ora c’è / Una città / E quella casa in mezzo al verde ormai/ Dove sarà a a a E più avanti: Le Case /Non lasciano l’erba”. La cantava Celentano, forse il primo a gridare il problema a livello popolare negli anni ’60, tempo di boom economico, ma un boom che si arrovellava attorno a dubbi nuovi e ansie incipienti. Confrontando passato e presente, il bilancio di un chiaro-scuro: urbanizzazione e abusivismo edilizio che hanno consumato in Italia 10 milioni di ettari, ma quel che resta del paesaggio rurale è ancora così tanto e così bello da costituire una delle principali risorse (anche economiche) del Paese. Dice uno studio della CIA Confederazione Italiana degli Agricoltori, illustrando fra ieri e oggi a Torino, che la nostra enogastronomia fattura più di 10 miliardi di Euro all’anno. Un miliardo tondo si deve al settore dell’agriturismo e 9 miliardi fanno capo a tutti gli altri consumi di prodotti tipici, come ha confermato l’Istat proprio l’altro giorno: nel 2010 l’Italia è risultata numero uno in Europa nei cibi e nel vino di qualità, con 219 prodotti Dop, Igp e Stg riconosciuti dell’Ue (25 in più rispetto al 2009) e appunto 9 miliardi di conquibus.
Sulla colonna del passivo, i documenti presentati al convegno di Torino “per il paesaggio più agricoltura” (nell’ambito della VI Festa nazionale dell’agricoltura) valutano che dall’Unità d’Italia nel 1961 a oggi, l’avanzata del cemento e le conseguenti perdite di terreno verde, hanno causato un danno economico di 25 miliardi di euro. Avevamo 22 milioni di ettari di terreno agricolo, ne sono rimasti 12 milioni. Ovvio che questa parte di devastazione era inevitabile, legata alla colossale trasformazione dell’Italia da terra di povertà e emigrazione a grande Paese industrializzato; adesso però dovremmo smetterla di rosicchiare il nostro capitale verde.
E invece il fenomeno si è tutt’altro che arrestato, considerando che solo negli ultimi 10 anni sono andati persi 1 milione e 900.000 ettari, una superficie pari all’intera Regione del Veneto. Invece i 10 milioni di ettari complessivi equivalgono addirittura all’area di 5 regioni italiane come Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Come è cambiato il paesaggio agricolo? All’inizio del Novecento i futuristi di Filippo Tommaso Martinetti sognavano le campagne italiane attraverso le linee elettriche e da macchine agricole e invece si trovavano di fronte ad un paesaggio agricolo che li deludeva: nudo in molte zone selvaggio, e quasi ovunque privo di infrastrutture. La maggior parte del territorio era coltivato a seminativi o destinato a pascoli. Adesso il valore aggiunto è molto più alto. E’ crollata la superficie destinata a cereali, che dai 7,3 milioni del 1910 arriva oggi ai 3,2 milioni di ettari, mentre conquistavano terreno altre coltivazioni come l’orto frutta che da poche migliaia di ettari, è cresciuto al milione e 200.000 di oggi
E’ da quando la “P.a.c.e.”: Politica Agricola Comune Europea ha esteso le sue cure dall’aspetto produttivo a quello ambientale, il paesaggio rurale ha cominciato ad essere considerato ufficialmente come una risorsa in se.
Nell’incontro a Torino vengono presentati diversi esempi in cui il paesaggio, il verde e l’agricoltura si incontrano in modo virtuoso, inclusi alcuni di cui la Cia è stata promotrice e che considera suoi fiori all’occhiello, dalla rivalutazione del Parco Sud agricolo di Milano, all’orto di Kolimbetra, un aranceto antico rimpiantato nel cuore della valle dei templi di Agrigento. Tutti esempi di un rapporto nuovo tra verde e città, con l’agricoltura che spesso entra nel perimetro cittadino con orti verticali e “garden roof”.
E anche le campagne sono un po’ migliorate: un paio di generazioni fa, per esempio, la Bassa novarese e vercellese era pressoché vuota di aironi, che invece adesso proliferano. Come mai? L’ambientalista Ermete Realacci spiega al telefono che “l’uso di pesticidi e altri inquinanti in agricoltura è molto diminuito” come pure la pressione della caccia e il prelievo delle uova dai nidi, che una volta si faceva senza pensiero.
Fine
Dite la vostra….ma prima lasciatemi dire la mia
Questo articolo mi mette di buon umore perché è vero che le cose non vanno quasi mai come dovrebbero andare, ma è anche vero che alla fine, a forza di insistere, qualcosa si incomincia a vedere ed è quello che da soddisfazione e speranza. Siamo abituati a ragionare sempre in riferimento ad un settore lavorativo, escludendo gli altri in quanto li riteniamo in quel momento, fuori luogo, che non riguardano l’argomento in questione ma non è così. Invece è molto interessante secondo me, notare come i problemi sono continuamente legati gli uni agli altri, anche fra differenti categorie lavorative, anche se a volte la differenza apparente è davvero tanta. A volte risolvi i problemi di un settore, e anche un altro settore incomincia a migliorare. Se la dirigenza riuscirà a capire questo, credo che le cose andranno sicuramente meglio.
Essendo reduce dal mondo lavorativo scolastico, in quanto sono da poco, un prof. in pensione, molti miei ragionamenti fanno riferimento alla scuola per cui prenderò come modello questo settore. In questo mondo (la scuola) da un po’ di tempo a questa parte, non si sente parlare d’altro che di “tagli” il che, se ci compenetriamo nella cosa, sa un po’ di squallidino. I tagli (speriamo di no) della Sanità invece, sanno un po’ di “drammatico”. E pensare, anche da come è illustrato nel presente articolo, non c’è solo nero (di quello ce n’è purtroppo) ma c’è anche un po’ di bianco o perlomeno, di grigio. Infatti le cose, tutto sommato, non andrebbero poi così male; diciamo che siamo ancora in tempo per risolvere e far funzionare tutto quanto. Certo, bisogna agire nella direzione giusta che sarebbe questa; a parte i “super stipendi” degli onorevoli, che secondo me dovrebbero essere un attimino …rivisti, come pure la possibilità di andare in pensione dopo soli 2 anni, 6 mesi e un giorno che onestamente, senza nessun spirito di recriminazione o rimprovero (forse ne approfitterei anche io se ne avessi l’opportunità…chissà), mi sembra davvero esagerato, io avrei la soluzione per risolvere problemi di vitale importanza e che ci darebbero la possibilità di …“tagliare” i tagli……(carina questa) a settori così importanti come la Sanità e la Scuola. Quindi, anziché colpire questi settori il che significherebbe essere proprio arrivati alla “frutta”, alla totale desolazione, evitare altri “sprechi” e altre spese inutili del Governo; “tagliare” un pochino, qualche mega-stipendio e poi, sfruttare al massimo le potenzialità che offre ancora il nostro Paese
Per sfruttare le possibilità, intendo dire, risorse umane e territoriali, perché non convocare tutte le persone disoccupate (io mobiliterei anche i carcerati) e organizzarle in vere “forze-lavoro”? Organizzarle come fosse un vero esercito (senza armi). Credo che l’idea dell’esercito, ad alcuni possa stonare in quanto ricorda le guerre passate, ma io non dico un esercito come quello, specializzato nella guerra, ad uccider e ecc. ma un esercito specializzato nei lavori necessari che richiede una società come è quella del nostro Paese. Innanzi tutto con i disoccupati precettati e organizzati a mo’ di esercito, ci si potrà occupare di tutti quei terreni che appartengono al Demanio e coltivarli, magari con cereali chiamati un tempo: “La carne dei poveri”. Infatti, forniscono proteine come la carne, ma proteine decisamente migliori, tanto che io li definirei (i cereali): “ la carne dei ricchi”
La produzione di questi terreni demaniali di tutto lo Stato, potrà diventare una notevole fonte di risorse, di provenienza ed appartenenza diretta dello Stato, che potrà sfruttare secondo varie modalità, che potrebbero essere: vendere il tutto alla gente, attraverso appositi “spacci statali”, oppure rifornire con questa produzione, gli stessi membri di questo ipotetico esercito pacifico. Non bisogna dimenticare che, malgrado gli innumerevoli sviluppi della tecnologia, alla fine ciò che ci consente di vivere, è quello di potersi sedere a tavola tre volte al giorno e consumare i nostri pasti per cui è quella la nostra vera ricchezza; una ricchezza che proviene dall’agricoltura. Così lo Stato, oltre agli introiti provenienti dalle tasse, potrà anche disporre di ricchezze provenienti dall’agricoltura e anche da altre attività volendo. Per cui, alla fine, potrà tirare fuori i soldi per organizzare delle vigilanza notturne (a volte mi vengono in mente i film di Charles Bronson nel: “Il giustiziere della notte”), potrà provvedere a Commissioni permanenti, atte a valutare gli insegnanti qualificati e le immissioni in ruolo annuali, nelle scuole statali, e...neppure pensare, ma neanche lontanamente, a fare dei tagli nel settore della Sanità o della Scuola…certi settori sono “sacri”
Prego….dite pure
Giulio...