Quando sono nata io era di notte,
a Misterbianco dormivano tutti.
Poi la mattina, quando ho aperto gli occhi,
la polvere dal soffitto mi cadeva.
Mia madre notte e giorno
mi vegliava,
e la mia fine prossima
vedeva.
Ma quando in braccio lei mi cullava,
gli occhi miei neri a lungo contemplava
col suo pensiero il mio interrogava
l’intelligenza mia la confondeva.
Poi cominciai a diventare grande,
e molte cose incominciai a capire.
Mio padre non era un benestante,
ma un povero diavolo senza niente,
e la mia vita fu cresciuta a stenti.
Poi di colpo cambiarono i tempi,
ma per mio padre
restarono sempre quelli.
Quello che mi riguarda
vivamente,
sono le scuole,
che ne fanno tante.
La massa non ricorda e non comprende
che un giorno eravamo tutti ignoranti.
Ora, se siamo quello che si sente,
e la personalità diventa grande,
e si diffonde, rispetto agli anni precedenti
in tutti i campi si fanno progressi.
Il mondo con orgoglio ha rinnegato
che la grandezza non è del papato,
né dell’America, né d’un solo Stato,
ma la grandezza sta in ogni nato.
Sei sulla terra, sei appena nato,
se sei figlio d’un ricco o d’un affamato,
che colpa ne hai tu se sei nato?
E mi rivolgo a chi ti ha giudicato:
se tu sei ricco, sei il benvenuto,
mentre quell’altro resterà affamato.
Mentre se guardi resterai accecato;
non è parziale chi la vita ti ha dato.
(Queste non sono storie inventate,
e nemmeno son scritte da profeti,
perché nell’orbita, quando voi volete,
lassù scritte le troverete.
Se tutti possiamo andare sulla luna
perché ‘sta differenza di fortuna.)
Dicembre 1950
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